Playlist 2008

4 01 2009

Il 2008 e’ finito e si e’ portato con se una serie di dischi che hanno segnato il trascorrere del suo tempo.
La redazione musicale nella persona del qui presente Matteo e’ lieta di presentarvi quelli che sono stati i dischi piu’ sentiti dell’ anno.

Cynic - Traced in Air
Cynic – Traced In Air

Sono bastati pochi ascolti per spodestare tutti i pretendenti al trono e per decretare con certezza il disco dell’ anno.
Sicuramente l’ affetto e la dedizione che provo per i Cynic hanno influenzato la scelta, ma la musica e’ soprattutto emozioni e nulla come questo disco mi ha emozionato nel 2008.
Abbandonato quasi del tutto il death metal delle origini ci regalano un disco arioso e fluido, un altro fulgido esempio di commistione fra metal, jazz e progressive.
Immensi.

Black Mountain - In the Future
Black Mountain – In The Future

Uscito ad inizio anno ha retto benissimo per i 12 mesi successivi conquistando uno scontato posto sul podio, ne ho gia’ parlato qui percio’ non mi dilunghero’ troppo.

Janvs - Vega
Janvs – Vega

Il disco della svolta, un disco coraggioso ed intenso, la terza prova degli Janvs e’ inaspettata e folgorante.

Have A Nice Life – Deathconsciousness

Monumentale capitolo shoegaze, loro stessi si dichiarano fautori del disco piu’ triste nella storia della musica, un doppio album intenso che ha l’ unico difetto di essere un po troppo impegnativo.
Trovate del tempo da dedicargli e ne rimarrete rapiti.

Dead Elephant – Lowest Shared Descent

Pochi dischi usciti dalla nostra penisola possono fregiarsi di una produzione e di una cura nella confezione come Lowest Shared Descent, un piccolo miracolo tutto italiano, un sound ipnotizzante e denso, dal post-hardcore alla psichedelia piu’ nera, un debut stupendo che e’ sicuramente una promessa per il futuro. Formalmente e’ uscito a fine 2007, ma non sara’ qualche settimana a negare al disco la presenza nella classifica di fine 2008

UFOMAMMUT – Idolum

Ennesima riconferma per il monolite storico dello stoner italiano, il loro disco piu’ articolato e forse quello che meglio puo’ rappresentarli, se ancora ce ne fosse bisogno, ottimo dal vivo, potente nello stereo, non il lavoro piu’ bello ma semplicemente il migliore.

MoRkObOt – MoRtO

Si chiude la trilogia degli araldi di Morkobot con MoRtO, riconferma e affinamento di quanto di ottimo sono riusciti a creare fino ad oggi, la psichedelia oggi ha un nuovo metro di paragone ed e’ tutto italiano.

Dozer – Beyond Colossal

L’ ultima fatica dei Dozer e’ sicuramente il lavoro piu’ significante, un disco articolato dove facendo tesoro delle influenze passate riescono a creare finalmente un sound riconoscibile e meno derivato. I Kyuss sono sempre li’ a vegliare sull’ operato della band ma non piu’ da presenza ingombrante che da adito a scomodi paragoni quanto invece da musa ispiratrice, la sfida ora sara’ bissare il successo di questo disco.

Burst – Lazarus Bird

i Burst si sono presi del tempo per finire e perfezionare il loro ultimo nato.
E’ valsa la pena aspettare tutto questo tempo perche’ Lazarus Bird e’ un gioiello: continuando la strada intrapresa con il precedente Origo i nostri affinano il tutto creando un opera mastodon-tica e nonostante i rimandi a nomi ben piu’ grossi (tool, Mastodon e King Crimson per citarare i primi che balzano all’ orecchio) riescono a mantenere la loro identita’ che permette loro di tenere la testa alta in mezzo ad un panorama musicale a volte fin troppo triste, inutile e stancamente derivato.

Klimt 1918 – Just in Case We’ll Never Meet Again (Soundtrack for the Cassette Generation)

Allontanandosi definitivamente dai lidi metal di inizio carriera i romani Klimt 1918 producono un disco dal sapore dannatamente anni ’80, fra darkwave e shoegaze, creando un flusso di musica calda e avvolgente, permeata sempre di quel velo di tristezza che riesce ad emozionare. Menzione d’onore per lo stupendo digipack e la musicassetta allegata all’ edizione limitata del disco, un vero tuffo nel passato.

Esoteric – The Maniacal Vale

Un pozzo nero, profondo, una spirale di disperazione, un (ennesimo) doppio cd che rapisce.
Un ascolto impegnativo come nel caso degli Have a Nice Life, ma anche qui un disco che se preso nei momenti giusti regala forti emozioni.
Che poi siano emozioni negative serve davvero specificarlo?

Nachtmystium – Assassins: Black Meddle Pt. 1

Creatura in continua evoluzione, arrivata ora ad un punto di non ritorno, il black divide il palco con la psichedelia, un punto di ripartenza per la band.
Il palese omaggio ai Pink Floyd si traduce in un epica chiusura in 3 parti posta a fine disco, sicuramente apice del lavoro, dove fa capolino anche un sax. Speriamo continuino sulla strada intrapresa senza guardarsi indietro per dare ascolto a qualche blackster che non ha gradito la svolta.

Steve Von Till – A Grave Is a Grim Horse
Scott Kelly – The Wake

Dischi intimi per le due menti dei Neurosis, una piacevole riconferma per Von Till e una presa di coscienza da parte di Kelly che finalmente sembra aver trovato la giusta direzione per il suo progetto solista, dischi grigi adatti alle giornate piovose.

Maybeshewill – Not for Want of Trying

Il cosiddetto post-rock sta cominciando ad esaurire le (nuove) buone idee, eppure c’e’ sempre qualche band che semplicemente rimescolando le carte in tavola riesce a regalare ancora emozioni. Questo il caso dei Maybeshewill che, con il collaudato uso di rock strumentale, elettronica e un pizzico di aggressivita’ tecnica presa in prestito dal metal, sfornano un album che non sara’ niente di nuovo ma che si lascia ascoltare con notevole trasporto.

Farflung – A Wound in Eternity

Un odissea spaziale, un viaggio cosmico come non se ne sentivano da tempo, ogni parola e’ superflua per descrivere un disco che va semplicemente ascoltato.

Pilgrim Fathers – Short Circular Walks in the Hope Valley

…Pilgrim Fathers hail from the middle of England and play “music for astronauts to die to”…

Uno strano cerimoniale e’ stato messo in atto da questi loschi figuri provenienti da Nottingham, in un unico calderone vengono mischiati stoner, metal, psichedelia, space rock e rovesciati in un’ unica colata densa e fumante.

Putiferio – Ate Ate Ate

Da una costola de Il Teatro degli Orrori nascono i Putiferio, act di rock (molto) rumoroso che ancora una volta mette bene in chiaro che noi italiani le cose le sappiamo fare, e piu’ che bene.
Un oramai scontata nota di merito per la robot radio che sforna l’ ennesimo stupendo digipack

The Sword – Gods of the Earth

I The Sword o li ami o li odi. I detrattori sicuramente potranno criticare l’ essere dannatamente derivati ma rimanere indifferente ad un tiro come quello di Gods of the Earth penso sia impossibile, d’altronde ci sara’ un motivo se i Metallica li hanno voluti in tour con loro…
Stiamo assistendo alla rinascita di un certo modo di intendere il metal americano che pareva essere perduto in mezzo ad una oscura selva di ciuffi piastrati e bambocci truccatti che pensano di suonare aggressivi.

Sinew – The Beauty of Contrast

Dalla Germania il disco che non ti aspetti, un disco dove il confine fra il progressive rock e il metal e’ poco chiaro, dotato di una sensibilita’ non comune e da melodie che ti si stampano in testa.
Un debut coi fiocchi che purtroppo pare non aver avuto il successo che merita, vista la scarsa visibilita’ che ha la band al di fuori della propria patria.
Promossi a pieni voti, sperando che il resto del mondo si accorga di loro.

Extra Life – Secular Works

A sorpresa, fanalino di coda del post, un disco che sto ascoltando ora, una band che ha sfornato un dischetto che mischia folk, match rock e progressive in maniera egregia.

Qualche nota a margine sulla playlist:

  • A parte il podio tutti gli altri dischi sono in ordine casuale, non riuscirei assolutamente a classificare 20 dischi in ordine di importanza, quello che conta e’ che in un modo o nell’ altro mi abbiano colpito.
  • Anche quest’anno gli italiani hanno rubato una bella fetta di classifica al resto del mondo e non posso che esserne felice.
  • Per ideare, scrivere e correggere questo post mi sono avvalso della colonna sonora fornita da Nadja (Truth Becomes Death), Fiaba (Lo Sgabello del Rospo), Extra Life (Secular Works), Harvestman (Lashing the Rye).
  • Se volete farvi i fatti miei, musicalmente parlando, mi trovate su Rate Your Music e Last.fm, due utili strumenti che hanno reso la stesura di questa playlist molto piu’ semplice di quello che poteva essere.

Matteo

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Istantanea di lucidita’. (parte seconda)

12 12 2008

“.. ma dimmi un po’, se non ci fosse (stata) Hollywood, ameremmo allo stesso modo?..”

Love, love, love, kiss, kiss.. bla, bla, bla.

Alexander





Istantanea di lucidita’.

9 12 2008

Il natale e’ sublimazione del declino

Alexander





8 Dicembre

8 12 2008

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Sono MoRtO

25 11 2008

No, non preoccupatevi io sto bene, lui e’ MoRtO.
MoRtO si e’ presentato a noi comuni mortali venerdi’ sera al Bloom di Mezzago, Lin, Lan e Len sono giunti per celebrare la centesima apparizione di Morkobot sul pianeta Terra e in occasione di questo importante anniversario e’ stato presentato MoRtO.

Prima di questa eucarestia sonora i Taras Bul’ba hanno intrattenuto i presenti, una buona prestazione per questo trio acido e strumentale, degna spalla dei tre araldi di Morkobot, purtroppo lasciano il fianco a qualche critica, prima su tutte l’ effettiva pesantezza che alla fine ha portato il concerto sulla soglia della noia, difetto che pero’ ha permesso di capire che non e’ da tutti riuscire a tenere alta la soglia di attenzione del pubblico se si propone musica strumentale. E diciamolo, Morkobot sotto questo punto di vista e’ ineccepibile, ma andiamo con ordine:

MoRtO e’ una canzone di circa 40 minuti (su myspace trovate qualche estratto del nuovo disco) che per intercessione divina e’ stata divisa in 3 parti per essere resa piu’ assimilabile dai poveri e umili mortali esseri umani che seguono le apparizioni sonore di Morkobot, sia dal vivo che su dischi di varia natura.

Lin, Lan e Len riescono in un ora abbondante a introdurci, nella prima parte del concerto, il nuovo venuto e deliziare i seguaci nella parte finale con gli immortali echi di Skrotokolm, Zorgongollac e Poldon.
Proprio per Poldon mi sento in dovere di spendere qualche parola in piu’, posta alla fine del concerto, un odissea spaziale e psichedelica che ha causato una trance collettiva per una ventina di minuti buoni ed e’ qui che si capisce la potenza del trio perche’ pur risultando sulla carta assolutamente indigeribili (2 bassi con una sfilza di pedali da parer la trappola degli acchiappa-fantasmi e una batteria, senza voce) riescono a non annoiare suonando di filato per un ora e venti, senza proferir parola tanto che non si sapeva quando e come mostrare il gradimento dell’ evento. Tutto fuso in un unica grande canzone, un flusso ipnotico di coscienza collettiva.

E quindi, questo MoRtO com’e’?
E’ ancora presto per dirlo, ma ritornero’ sicuramente a parlarne, per ora rimane solo l’ ennesima riconferma di quanto possa essere intenso e piacevole uno spettacolo di Lin, Lan e Len che schiavizzati da Morkobot danno voce ai suoi echi cosmici e interplanetari. Bravi.

Matteo (che sente il disperato bisogno di comprare una macchina per catturare le immagini durante i concerti)

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Vega, andata e ritorno

23 11 2008
Janvs - VEGA Artist: Janvs
Album: Vega
Released: October 6, 2008
myspace

Nigredo, Fvlgvres: queste sono le tappe artistiche che hanno portato gli Janvs all’ incredibile maturazione di oggi e con l’ ultima pietra miliare di questo percorso, Vega, troviamo un gruppo che abbraccia sonorita’ nuove, donando a questo lavoro un respiro “cosmico” che difficilmente possiamo far quadrare all’ interno di un etichetta oramai fin troppo riduttiva come quella del black metal a cui sono associati fin dal loro esordio.
Gia’ la copertina del disco, rappresentante l’ azzurro mare che all’ orizzonte si unisce ad una volta celeste calda e avvolgente, pare una dichiarazione d’intenti, quasi a voler esprimere un netto cambiamento rispetto al glaciale azzurro che capeggiava sulla copertina di Fvlgvres.

Delle sette composizioni che formano il disco, a parte l’ intermezzo strumentale Dazed, interamente composto ed eseguito da Diego Banchero (Malombra, il Segno Del Comando, Recondita Stirpe e altri), tutte sfiorano almeno i 7 minuti di durata creando un flusso eterogeneo di musica. L’ album si apre con Torri di Vetro, classica apertura black, ma gia’ a meta’ della canzone si comincia ad intuire che anche stavolta c’e’ qualcosa di diverso, che il progresso del suono della band continua, non ci troviamo di fronte ad un Fvlgvres II e con la successiva Saphire ogni dubbio viene fugato: l’ uso massiccio di parti
vocali pulite, nonostante il tappeto ritmico viaggi sempre su tempi sostenuti, potra’ lasciare perplesso piu’ di un ascoltatore, soprattutto i fan piu’ intransigenti, per un allontanamento radicale dagli stilemi del black.
Tarab ipnotizza con il suo incedere arabeggiante e cosmico, black metal che sposa il doom per viaggiare nel cosmo e la successiva sopracitata Dazed ci accompagna in lidi prossimi alla psichedelia.
Mediterraneo riporta invece l’ ascoltatore con i piedi per terra (o in alto mare?) con Argento che ancora una volta presta mente e voce agli Janvs, un inno al mare, elemento che figura, come gia’ detto, nella stupenda copertina del disco ad opera di Francesco Gemelli.
Vega ripropone un uso massiccio del cantanto pulito, da parte di Riccardo Morello, coadiuvato dalla seconda voce in scream.
In chiusura troviamo Vesper II, seguito dell’ episodio apparso su Fvlgvres questa volta dotato di parola.

Una sola parola puo’ descrivere al meglio questa nuova fatica dei talentuosi Janvs: emozionante.

Matteo

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Giuro..

20 11 2008

..sembra incredibile, ma cominciano ad arrivare i primi commenti relativi a quest’angolino un po’ particolare.

Accolti con piacere i complimenti (uno), e’ ben inteso che uno Scrittore attento alla Critica come me presti maggiore attenzione alle lamentele (molte), le ascolti, le assimili, le comprenda, spieghi gli errori al suo amato Pubblico, e li corregga, infine.

Il commento (negativo) piu’ frequente, quasi costante, e’ relativo alla lunghezza dei miei Articoli. Troppo lunghi, prolissi, sebbene interessanti; in pratica, la gente si rompe il cazzo a leggerli. Bene. Giuro che esercitero’ la mia capacita’ di sintesi fin da subito.

Ogni volta che mi imbatto in una lamentela del genere, d’altro canto, non so perche’, assai probabilmente per turbe mentali originate dal mio torbido e oscuro passato, mi riecheggia in testa una dichiarazione di Umberto Eco, che lessi di sfuggita, non so dove, non so quando e nemmeno il perche’. L’intervistato, reduce dai clamorosi successi de “il nome della rosa” e “il pendolo di Foucault”, dopo aver incassato i complimenti (molti) si trovo a far fronte anche a una critica (una) che, a questo punto, suona un po’ tutti familiare. Gli si imputava infatti una certa prolissita’ narrativa e osticita’ lessicale soprattutto nelle parti iniziali dei suoi libri, che abusavano di lingue straniere, e lingue morte, di corpose descrizioni e di “side story” davvero poco inerenti alla trama principale.

La risposta del nostro ammirato autore fu, come se ce ne potessimo stupire, arguta e, a mio modesto parere, geniale. Sosteneva, infatti, di non essere affatto colto impreparato dalla critica, anzi, questo era proprio il suo obiettivo. Il primo centinaio abbondante di pagine, in entrambe le opere prese in considerazione, rappresentavano quella che per lui era una “prova per il lettore”. Solo chi davvero interessato ed abile a comprendere la trama, il messaggio, e la morale delle sue opere sarebbe stato in grado, o avrebbe avuto semplicemente la voglia, di superare tale scoglio, ricevendo, come premio, una spettacolare esperienza letteraria (si, si, quest’ultima parte l’ho enfatizzata io).

Detto questo: attenzione! Sia ben chiaro, io, mai e poi mai, innalzero’ le mie quattro righe al livello delle migliaia scritte da un tale Autore, io scrivo cosi’ perche’ cosi’ so (o non so) fare, perche’ cosi’ mi piace, e cosi’ mi pare; d’altro canto, pero’, e’, per me, inevitabile riflettere profondamente su tutta questa questione, e, naturalmente, analizzarla, oltre che da un punto di vista generico, applicandola al web, sede dei miei scarabocchi.

Eco, con la sua prova, a cosa mirava? a selezionare i propri lettori, come detto, sia sotto il punto di vista culturale, sia, e soprattutto a mio modestissimo parere, sotto quello applicativo. Eco voleva che chi si apprestava a leggere fosse seduto, comodo, concentrato, e non avesse ansia di leggere una pagina dopo l’altra, di giungere alla fine. Il suo scopo era ragionevole al di la di ogni dubbio, sicuramente io lo condivido; sintetizzando (visto?) voleva che il suo lettore tipo fosse un individuo che, semplicemente, provasse il “piacere di leggere”.

Insieme a questo ricordo con affetto i tempi del debutto “mass market” internettiano, quando in vendita c’erano i modem 33k, e i 56k costavano un sacco di piu’; mi ricordo il libero@sogno, tariffa con la quale potevo navigare convenientemente dalle ore 20 alle ore 8, e che per le ricerche si utilizzavano siti del calibro di Virgilio, e SuperEva (!!!), ma soprattutto ricordo che caricare una pagina richiedeva il suo tempo, e che per questo aprivi solo quel sito che ti interessava, e utilizzare piu’ finestre di navigazione, beh, era solo un esercizio di fantasia. Possiamo, a conti fatti, sostenere la tesi secondo la quale col 33/56k la “prova per il lettore” era insita nel concetto stesso di navigare la rete. Ci si connetteva, ci si sedeva, comodi, e concentrati a trovare le informazioni necessarie, senza l’ansia di caricare una pagina dietro l’altra. Il navigatore tipo era un individuo che, semplicemente, provava il “piacere di navigare”.

poi l’evoluzione/rivoluzione delle connessioni ad alta velocita’, non piu’ limiti per soddisfare la domanda; ad un aumento di velocita’ disponibile, corrisponse una proporzionale “fame informatica”, sia essa intesa in senso stretto, od in senso lato.

La fame, in un secondo momento, si e’ trasformata in “delirio di informazioni”, in forsennata ricerca di dati, file, download, film, musica, applicazioni, comunita’, attivita’, mail, insomma una costante ricerca, fine a se stessa, per riempire una banda che, comunque, avremmo voluto sempre piu’ larga, per riempire hard disk sempre piu’ voluminosi.

Da questo formicaio di attivita’ e’ nato il web 2.0, massima espressione e conseguenza di questa situazione. Nel momento in cui l’offerta di informazioni e’ diventata criticamente scarsa in rapporto alla domanda, l’evoluzione naturale del web e’ stata rendere offerta il soggetto stesso che la domandava. Ora l’utente medio e’ sia produttore che consumatore, freneticamente attivo in entrambi i ruoli, e, finalmente, la rete basta a se stessa.

Ma.

Pur volendo sorvolare sulla pulsione voyeuristica che ha spinto al successo di tale evoluzione, non possiamo far a meno, adesso, rileggendo poche righe piu’ in alto, di prendere atto di come il nostro “navigatore tipo” sia mutato, e con lui anche la nostra assocciazione con il “lettore tipo”. Se riflettiamo un attimo (non vi chiedo di piu’) ci rendiamo conto facilmente che in preda a questa frenesia, le nostre abitudini di navigazione sono cambiate, dovendo produrre info, ma anche assimilarne, ormai infinite, il tempo medio che dedichiamo ad una pagina web, singola, e’ pari a pochissimi secondi, per i piu’ abili anche meno. Approfondendo il concetto, se la pagina che apriamo non ci da subito le informazione a cui ambivamo, ed e’ lunga, complessa, o semplicemente poco accattivante, finisce nel cestino, dimenticata, senza appello dopo un giudizio di pochi decimi di secondo. In questa situazione, pero’, di quanto leggiamo, qual’e’ la percentuale di apprendimento? quante delle informazioni che acquisiamo vengono elaborate in concetto? Qual’e’ a conti fatti il fine di tutto questo aggiornamento, non-apprendimento personale? Posso azzardare un numero stupefacentemente prossimo allo zero?

Ebbene? preso atto di cio’?

Nulla.

Se non che me ne sbatto il cazzo se mi dite che gli articoli sono lunghi, perche’ il problema e’ nostro, non mio. E sinceramente spero di essere stato abbastanza sintetico.

Alexander.





La Diversità

12 11 2008

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5 Novembre..

9 11 2008

..e oggi dal suo giacilio, in camera sua, in quella di un albergo o di un ospedale, oppure da sotto un ponte, si alza, se ha dormito, magari ha lavorato e sta tornando a casa solo ora, un uomo diverso.

Quello che si stiracchia, stanco o riposato, con gli occhi, comunque sia, impastati dal sonno, a parte l’apparenza, e’ un uomo consapevole; e, finalmente, davanti allo specchio, consapevole della propria consapevolezza.

Quello di oggi, e’ coraggioso, o quanto meno non e’ mai stato tanto certo di esserlo, benedice di esistere, perche’ e’ per giorni come questi che vale la pena essere venuti (e rimasti) al mondo; e’ certo di essere entrato nella storia. E’ un uomo piu’ forte.

Scopre di essere tornato un sognatore, capace di credere nell’impossibile, nelle illusioni, di aver abbandonato il cinismo e il pessimismo, di sapersi abbandonare alla speranza, per disperazione.

E’ con la testa tra le nuvole, oggi, e ama di piu’. Vive un mondo migliore, nuovo; e’ piu’ simile ai suoi simili, e oggi li sente particolarmente tali.

E’ incoscente, non pensa a domani, oggi c’e’ solo oggi, e soprattutto non e’ piu’ ieri, finalmente. E’ tronfio di se perche’ i libri parleranno di lui come si parla oggi dell’uomo rinascimentale, il medioevo e’ finito.

“…And they lived happily ever after…” il male si e’ estinto, l’orco e’ stato battuto, il mondo strabuzza gli occhi alla luce. E non importa che il mostro fosse proprio lui, quest’uomo; che fosse la sua mente, e quella di tutti i suoi simili, che allora non erano per nulla simili, ad aver non solo generato ma anche portato in alto, e fatto rimanere al loro posto, mostri.

Fa nulla, quest’uomo e’ anche piu’ napoletano, “chi ha avuto, ha avuto; e chi ha dato, ha dato”, punto.

“…And they lived happily ever after…” perche’ oggi si puo’ essere anche Hollywoodiani, oggi e’ vero cio’ che qualche anno fa era azzardata finzione. E’ quindi condizionato? influenzato? malato questo giorno? no signori, oggi e’, solo perche la comunita’, la comunita’ tutta, ha voluto che fosse! La comunita’ tutta! Tv, cinema, mondo dello spettacolo, e tutto il vicinato. Tutta!

Quindi, non importa del come, ne del perche’, l’importante e’ che la lavagna sia bianca, perche’ il nostro protagonista oggi e’ anche sincero, e si confessa un po’ calcolatore, i mostri non piacciono piu’, il loro fascino iniziale e’ andato sbiadendo, tramutandosi infine in nausea e disprezzo. Conviene, e’ convenuto, e converra’ cambiare, poiche’ quest’uomo, quest’oggi, vuole piu’ soldi in tasca. Vuole, giustamente, piu’ per se, che per altri; del resto degli altri si sono occupati i mostri, e abbondantemente, direi.

Da oggi il nostro amico sara’ meno globalizzato, e piu’ country, da un po’ di tempo a questa parte infatti ha capito che chi si fa i cazzi suoi campa cent’anni; e l’uomo si meraviglia che non sia diventato uno slogan, elettorale magari, scritto su milioni di cartelli.

(non c’erano vero?)

Nell’i-pod oggi carichera’ un po’ meno heavy metal, e mettera’ un po’ piu’ beatles, al bar berra’ il caffe’ salutando con un sorriso il suo vicino, lavorare e studiare sara’ meno pesante, e la pioggia insomma non bagnera’ poi cosi’ tanto, dai.

Ora doccia, barba, e profumo,  bisogna essere belli oggi, perche’ oggi e’ un bel giorno, adeguiamoci, oggi e’ la svolta, oggi e’ storia, e da questo punto in poi’ tutto andra’ meglio, il futuro ci sorride, e i mostri son stati sostituiti da sogni.

“…And they lived happily ever after…”

Poi domani ci si svegliera’.

Good Morning America.
Alexander.





L’ evoluzione della specie?

2 11 2008

Cosa succede se in un progetto open-source mischiate Firefox e iTunes?
Semplice: nasce Songbird, un interessante progetto la cui versione 1.0 nel giro di pochi mesi vedra’ la luce, stando agli aggiornamenti degli sviluppatori, ma gia’ dalla beta e’ possibile carpire le enormi potenzialita’ del progetto.
Nato sulla scia di player musicali di ultima generazione, come iTunes, che basano il loro funzionamento principalmente su grosse librerie multimediali di musica digitale, Songbird prende in prestito il cuore di Firefox per creare un player modulare ed espandibile grazie al sistema di estensioni reso famoso proprio da Firefox, con semplici click e’ possibile aggiungere funzionalita’ in piu’, tutte correlate alla multimedialita’ del progetto.
Songbird e’ inanzi tutto un lettore musicale, ma cosa succederebbe se un estensione vi permettesse di visualizzare automaticamente le informazioni della band prese da last.fm, le foto da flick o i video da youtube? Semplice, Songbird e’ anche un browser, e’ possibile aprire una nuova scheda e vedere, scoprire, navigare dove ci pare partendo da qualche link, immagine o video, comparso grazie alle estensioni, nella pagina principale della libreria.
Con Songbird e’ possibile sapere date di concerti, acquistare il biglietto di uno spettacolo in qualche semplice passaggio, senza passare da un programma all’ altro per ricercare informazioni su questo o quell’ artista che stiamo sentendo proprio in questo momento, mentre magari si sta scrivendo un articolo per il blog, come questo.
Le estensione permettono anche l’ aggiunta del supporto agli iPod e ai lettori portatili, permettono il fetch delle cover da diversi siti, e mille altre cose.

Osservando la beta e’ facile dimenticarsi delle ancora grosse lacune sulla gestione base della libreria, perche’ lo sguardo di insieme al progetto non puo’ che stupire, perche’ la prima cosa che viene in testa e’: ma perche’ diavolo non ci hanno pensato prima?
In un era dove la convergenza comincia a farla da padrone Songbird e’ il primo passo per portare realmente la musica sul web in maniera diversa da quella che fino ad oggi si e’ intesa, dalla parte dell’ ascoltatore, un integrazione con il world wide web della libreria personale di ogni utente, personalizzabile come si preferisce e foriera di nuove e stimolanti scoperte nel mondo della musica.
Se questo progetto dovesse avere il successo che merita e’ anche auspicabile l’ interessamento da parte dei big dell’ industria musicale, che ad oggi fra drm, mp3, p2p, myspace, creative commons e store online ancora non riescono ad inquadrare il nuovo corso che la musica sta intraprendendo, rimanendo ancorati a vecche idee di supporti e diritti che andrebbero pesantemente rivisti.

In attesa della versione 1.0 non resta che recarsi sul sito http://getsongbird.com/, notare che la classe si vede anche dai piccoli dettagli, come la cover dei Fugazi visibile nello screenshot, scaricare la beta, sperimentare, seguire il blog e magari contribuire al progetto.

Ultima, piccola, chicca: l’ icona del programma e’ attualmente un piccolo uovo con delle crepe, non resta che aspettare la 1.0 per vedere il pulcino finalmente spiegare le ali

Matteo

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Le Luci della Centrale Elettrica@LifeGate Radio, live

26 10 2008

Il contesto fa l’ artista?
No, non in questo caso, per fortuna, anzi possiamo affermare che e’ l’ artista che crea il contesto, nonostante tutto.

Il caso in questione e’ questo: Salumeria della Musica, locale della Milano musicale bene (proprieta’ di Diego Abatantuono), programma radiofonico in diretta su LifeGate Radio (Rock Files, in onda ogni lunedi’) e Vasco Brondi alias Le Luci Della Centrale Elettrica sul palco, coadiuvato, come e’ oramai prassi, da Giorgio Canali.
Una serata pettinata, si direbbe da queste parti, accrediti all’ ingresso, posti limitati e uno straniante “tutto pieno” per la serata di lunedi’ 29 settembre.

Il presentatore chiede di stare tranquilli per via della diretta radiofonica e gia’ la cosa stranisce un po’, aggiungiamo il fatto che tutto il pubblico presente e’ seduto a dei tavolini e si avra’ chiaro il contesto del concerto. Si ha quasi paura a parlare ai proprio amici, la paura di disturbare il pubblico con la propria voce, come ad uno spettacolo teatrale.

Fortuna che ci pensa Vasco a ribaltare completamente la situazione, lui che sembra veramente a suo agio solamente quando, chitarra alla mano, ci investe con fiumi di parole e i suoi 4 accordi striminziti da canzoni da spiaggia (deturpata).
Strappa piu’ di un sorriso e di un applauso durante l’ intervista fra un pezzo e l’altro, l’ atmosfera si fa molto piu’ rilassata, le sue risposte sono le classiche risposte che ti aspetti dal ragazzo intimidito dal palco, alle prime armi, e non da chi e’ stato investito da un successo fulminante che, parole sue, e’ arrivato un annetto dopo la registrazione della prima demo autoprodotta, senza contare i 3 anni passati nella sua camera, aggiunge in un secondo momento.

Le domande sono le solite che si pongono ad un artista nuovo del giro: il perche’ della scelta di un nome cosi’ altisonante, le influenze musicali, i progetti per il futuro, citazioni di dichiarazioni che lo stesso diretto interessato stenta a riconoscere ma come gia’ detto sono le risposte di Vasco a stupire e a fare la differenza.
Interviene anche Giorgio Canali durante l’ intervista, spiegando come e’ venuto in contattato con Vasco, perche’ ha deciso di produrre l’ album, insomma cerca di fare capire perche’ un vecchio lupo della scena musicale italiana come lui abbia speso tante energie per il suo giovane amico.

Lo spettacolo alla fine dura un’ ora e lascia tutti soddisfatti, la trasmissione giunge al termine, Vasco e Giorgio salutano tutti dal palco e si dirigono dietro le quinte, lasciando la sensazione di aver assistito ad una intervista decisamente sopra le righe.

Matteo

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Il meraviglioso concetto di Fiducia.

30 09 2008

E’ indubbio che la razza umana non faccia della fiducia quella che si potrebbe definire la colonna portante della sua evoluzione.
Siamo sommersi di lampanti esempi di fiducia mal riposta da secoli, a ben vedere gia’ prendendo in considerazione il peccato capitale si puo’ notare come il primo uomo fosse un tipo piuttosto inaffidabile; partendo da questo esempio si possono scrivere pagine e pagine di libri di storia. Accampamenti traditi, regni venduti, regnanti assassinati, invenzioni rubate, teorie plagiate, tutte nobili azioni compiute, il piu’ delle volte, da compagni, amici e fratelli.
Cazzo vatti a fidare eh!

Ma l’uomo non e’ stupido, grazie a dio, no che non lo e’! ed e’ per questo che nel corso degli anni ha cercato di porre rimedio con polizia, notai, controlli, certificazioni, brevetti, allarmi telecamere e via dicendo.
Ora la musica e’ cambiata, a livello globale siamo molto piu’ sicuri non c’e’ che dire. L’uomo comune si sente piu’ tutelato.
E’ forse per questo che ora l’attenzione si sposta piu’ sul singolo, le preoccupazioni sono rivolte a qalcosa di piu’ intimo; il sentimento di sfiducia ora si sposta su amicizie, rapporti lavorativi e in senso piu’ lato nei confronti di chiunque abbia modo di interfacciarsi con noi.
Ora, tenendo conto che un po’ tutti ci pigliamo delle inculate piu’ o meno clamorose, sempre piu’ spesso si sente dire: “ah io mi fido solo di me stesso”, “a parte la mia migliore amica, beh, non mi fido di nessuno”, “la fiducia e’ una cosa preziosa, non la do certo al primo che passa”.
Certo, comprensibile, giusto, non fa una piega.

Cazzata!

Mai come oggi, cerchiamo di essere onesti, mettiamo la nostra vita nelle mani altrui, anzi, a ben vedere, la si mette sempre piu’ spesso nelle mani di cose!
Piccolo emo sfiduciato quando ti alzi e prendi il tram, non metti forse la tua incolumita’ nelle mani di un perfetto sconosciuto che conduce il mezzo?
piccola delusa, quando per dare una svolta alla tua vita e ti fai una nuova acconciatura, non ti sfiora nemmeno l’idea che chi ha tra le maniquel paio di forbici potrebbe aver avuto davvero una pessima giornata e….
piccolo ribelle new age, quando guidi tronfio la tua macchina nuova sei sicurissimo che nessuno mettera’ in dubbio un concetto banale come “col rosso non si passa”?

Quando TU prendi una funvia, un aereo, quando compri la carne dal macellaio, quando ti bevi un bel cocktail, quando mangi al ristorante, quando fai un’analisi, quando balli con uno in disco, quando citofona il vicino, quando chiedi assistenza, quando paghi con la carta di credito, quando vai a prelevare, quando vai allo sportello, quando chiedi un prestito, quando vai al primo appuntamento, quando vai a quella festa di amici di amici, quando.. quando.. quando..
Innumerevoli, anche nell’arco della stessa giornata, sono le azioni che compiamo e che di fatto mettono la nostra vita in mano degli altri; questo sminuisce un po’ il sacro concetto di fiducia vero? Non so come persiste questa convinzione che si debba avere il consenso di qualcuno per godere della sua fiducia e che la nostra sia un dono prezioso da fare solo a chi vale.

banalita’.

Alexander.





Non parlero’ di Bukowski..

24 09 2008

.. ma un’introduzione si rende necessaria.
Bukowski era uno scrittore.
Lui vedeva nelle cose; e poiche’ vedeva, sapeva delle cose.
E, come tutti coloro che vedono e che sanno, era pazzo.
Con la follia, per essa o grazie a essa, scriveva. E pure bene. Ma in realta’ non scriveva, narrava; ma nemmeno narrava, ti fa narrare, o meglio regala quell’unica sensazione che siano i tuoi occhi a scrivere, che siano loro che, vedendo nelle cose, stiano concatenando lettere su un foglio.
Bukowski era uno scrittore, pazzo, che vedeva e sapeva, e che non scriveva, ma di lui non voglio parlare.
Perche’ e’ famoso.
E’ uno di quegli scrittori che quando dici il loro nome la gente dice “aaaAAAHhh” con quella parabola concava verso il basso e il sopracciglio alzato che si trauce in “che palle!”. Comunque quando al nome di uno scrittore qualcuno fa “aaaAAAHhh” vuol dire che e’ famoso, e al nome del vecchio Charles molti fanno “aaaAAAHhh”. Anche io.
Non voglio parlare di lui, e nemmeno di me, di come lo ho compreso, apprezzato, assimilato; di come i miei occhi abbiano composto le lettere del suo libro come migliaia di occhi prima di me, decine, probrabilmente, insieme a me. Appunto. Decine in tutto il mondo, decine di persone con cui non potrei mai comunicare, perche’ non ci capiamo, ma capiamo lo stesso libro, i nostri occhi compongono le stesse parole.
Io voglio parlare dei Perfetti Sconosciuti che appaiono sotto l’ignota voce “Traduzione:”.
Di molte cose scritte si apprezzano i contenuti, sono loro a far rumore, a muovere e a commuovere, a far pensare e ridere, sono i contenuti che fanno di un libro un gran libro.
Non e’ vero.
E’ la forma, con essa si puo’ raccontare tutto. E’ la forma che rende grande uno scrittore. E’ la forma che il Perfetto Sconosciuto deve tener da conto. Io ho, forse, apprezzato Bukowski per come scriveva, in realta’ amando come lo ha scritto il Perfetto Sconosciuto. Di chi mi devo ritenere ammiratore quindi?
Volevo parlare di tutti Sig. Perfetto che lavorano nell’ombra confezionando piccoli miracoli. Ma forse non l’ho fatto. Amen.
Un tempo si scriveva e c’era chi si impegnava a illustrarli per renderli piu’ comprensibili.
Un tempo si scriveva e c’era chi si impegnava per renderli semplicemente comprensibili.
C’era una volta il Manzoni illustrato dal Dore’.
Ci sara’ una volta il Bukowski tradotto dal Paolini.

Alexander





Trasloco

23 09 2008

Era, sicuramente, un filosofo greco, credo, che formulo’ una teoria secondo la quale scrivere fosse fondamentalmente una cosa inutile. Sosteneva che nell’atto stesso della scrittura si andassero a perdere i concetti che si cerca di formulare.

Ora sorvolando su quella che dovrebbe essere una dovuta riflessione su come possa stare l’autostima post-mortem di quel filosofo, non ricordato da un perfetto sconosciuto, devo convenire con le sue conclusioni. In quei rari momenti di lucidita’ in cui mi viene da scrivere qualcosa, e ancor piu’ rari quelli in cui poi effettivamente ne pratico l’intenzione, mi scontro con questa atroce verita’. Questa grottesca situazione partorisce quello che alcuni, probabilmente nullafacenti o con un sacco di tempo libero, vedranno scritto qui.

Sono apppunti, dichiarazioni d’intento, approssimazioni di concetti o storie che avrei voluto scrivere, ma che, in realta’, non scrivero’ mai.

Alexander





Sguardo verso il cielo

2 09 2008

E’ la festa di paese il contesto in cui Le Orme si sono esibiti sabato sera, di fronte ad una numerosa folla accorsa per l’ occasione.
Il concerto de Le Orme e’ iniziato alle 23.00, prima di loro una serie di artisti piu’ o meno noti, tra i quali il sicuramente noto Alberto Camerini intento a riscaldare un pubblico di attempati e non con i suoi successi dei bei tempi andati.
Ma il grosso della gente era li’ per Le Orme e si e’ visto e sentito, e’ stato un attimo, attaccano con PlaySguardo verso il cielo e la folla e’ li’, gia’ pronta a cantare in coro.
Suoni splendidi, formazione a tre (gli inossidabili Aldo e Michi e il tastierista-polipo Michele Bon), i nostri suonano per 2 ore, dopo una breve incursione nel presente della band con una suite/medley degli ultmi 3 lavori, la trilogia composta da Elementi, il fiume e L’ Infinito, il resto del concerto vertera’ tutto sul loro periodo migliore.
Troveranno spazio in 2 ore di musica PlayCemento armato, PlayAmico di Ieri, tutto “il primo lato”, come annuncia Aldo parlando dell’ uscita del vinile nell’ anno del signore 1972, dell’Uomo di pezza e una suite dalla durata di circa mezz’ora posta in chiusura del concerto, tratta da quello che per molti e’ il loro lavoro piu’ bello, Felona E Sorona. Il bis e’ affidato alla cover di PlayRondo dei The Nice.

Al banchetto del merchandising era possibile acquistare il DVD live della band, registrato nel 2005 in Pennsylvania durante il Nearfest del 2005, occasione che non mi sono fatto sfuggire.
All’ interno della confezione cartonata trovano spazio i 2 cd del live e ovviamente il dvd video con la medesima scaletta che e’ cosi’ composta:

CD 1
1. IL TUONO E LA LUCE
2. LA VOCE DEL SILENZIO
3. SHANTI
4. L’INFINITO
5. LA RUOTA DEL CIELO
6. UNA DOLCEZZA NUOVA
7. GIOCO DI BIMBA
8. LA PORTA CHIUSA
9. CEMENTO ARMATO

CD 2
1. SOSPESI NELL’INCREDIBILE
2. FELONA
3. LA SOLITUDINE DI CHI PROTEGGE IL MONDO
4. L’EQUILIBRIO
5. SORONA
6. ATTESA INERTE
7. RITRATTO DI UN MATTINO
8. ALL’INFUORI DEL TEMPO
9. RITORNO AL NULLA

Matteo

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At The End Of The Road

24 08 2008

E’ l’ evento dell’ estate, forse dell’ anno per molti (compreso il sottoscritto): i Neurosis
tornano in Italia dopo anni di assenza per una sola data, al centro, in
quel di Senigallia, tra l’altro in contemporanea con l’ appuntamento
annuale del Jamboree.
Non che i due concerti si possano fare concorrenza, vista l’
eterogeneita’ delle 2 manifestazioni, ma e’ stato simpatico beccare le
enormi cadillac in giro per senigallia, al rientro dalla serata al mamamia.

A supportare il sestetto di Oakland ritroviamo i The Ocean e i compagni di merende A Storm of Light e il compito di aprire la serata va ai The Ocean,
in formazione ridotta, che offrono comunque un discreto spettacolo
lasciando pero’ l’ amaro in bocca a chi li ha gia’ visti con una lineup
piu’ consona. Freddino il pubblico, immobile e poco reattivo…
peccato, speriamo si rifacciano a dicembre, di spalla agli Opeth.

Gli A Storm of Light, forti del primo disco uscito proprio per Neurot, offrono uno spettacolo intenso, musicalmente forse un po troppo debitori proprio nei confronti dei Neurosis
ma comunque fautori di un ottima prova sul palco, mentre sul telo alle
loro spalle venivano proiettati filmati rappresentanti cetacei, orsi
polari, ghiaccio e onde, d’altronde, visto il concept del disco e la
presenza di Josh Graham (gia’ Red Sparowes e Battle of Mice, fra gli altri) a tirare le fila del tutto, era abbastanza scontato.

Inutile comunque dire che la folla accorsa alla serata e’ li’ per i Neurosis, folla che con il passare del tempo si e’ fatta sempre piu’ numerosa e che verra’ presto ipnotizzata dal concerto dei sei.
Buoni i suoni, la scaletta non e’ una sorpresa visto che sono gia’
state fatte delle date in Europa e le set list ovviamente sono comparse
su internet immediatamente, per la gioia di tutti i curiosi come me.
Purtroppo lo sperato bis o l’ aggiunta di qualche canzone extra, come
molti speravano, non sono arrivati e non resta che accontentarsi dell’
ora e mezza scarsa (o forse sarebbe piu’ corretto dire un oretta
abbondante?) di concerto che ci e’ stata offerta.

Il concerto e’ stato meraviglioso, ma la serata non e’ di certo stata
perfetta, purtroppo diverse situazioni lasciano il fianco a piu’ di una
critica, cominciando dalla durata dell’ esibizione dei Neurosis
che alcuni troveranno insoddisfacente, passando per il banchetto del
merchandising che non era proprio imperdibile, poche taglie, poche
magliette, poco o nulla dal catalogo Neurot
insomma ci si poteva sforzare un po di piu’, ridicola anche la scelta
di negare l’ uscita dall’ area del concerto per prendere da mangiare,
non c’era un timbro per poter rientrare, se si usciva l’ unica
soluzione possibile per rientrare era ripagare per intero il costo del
biglietto.
Ciliegina sulla torta l’ inizio della normale serata al mamamia
che dopo 30 secondi netti dalla fine del concerto dei nostri vanifica
in un attimo l’ atmosfera creatasi, con becera musica commerciale e
ondate di gioventu’ dal dubbio gusto musicale e dall’ abbigliamento
pittoresco.

Il bilancio della serata rimane comunque piu’ che positivo, ora non resta che sperare che la prossima data dei Neurosis in Italia non avvenga fra un altra decina di anni. Chissa’, magari anche un tour invernale di Scott Kelly e Steve Von Till con i rispettivi progetti solisti…

Matteo

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Le Montagne della Follia

15 02 2008

Artist: Black Mountain
Album: In The Future
Released: Jan. 21, 2008
Label: Jagjaguwar
fonte: wikipedia

Sta succedendo qualcosa di meraviglioso ultimamente, piccole etichette
e grandi gruppi stanno riportando in auge la psichedelia degli anni d’
oro. Dall’ america alla penisola scandinava sono sempre di piu’ le
giovani band che devono i loro natali al movimento rock/psichedelico
degli anni ’70.
Fra i tanti si ergono ad inizio 2008 i Black Mountain, autori gia’ qualche anno fa del debut omonimo che fece parlare tanto bene di loro.
Il loro secondo lavoro, In The Future, e’ un disco che non si scorda facilmente, ti entra in testa e non ti molla piu’…

Sono dei mattacchioni i Black Mountain,
perche’ con un titolo del genere non possono che far sorridere, una
volta presa coscienza della loro proposta musicale. Basta inserire il
disco nel lettore per trovarsi catapultati negli anni ’70 e tutto d’un
tratto capisci perche’ non ti sembrano piu’ strane le voci che
circolano sul gruppo, quelle che li vogliono perennemente fatti di LSD
a comporre musica in una comunita’ di figli dei fiori in quel del
Canada.
Il disco si apre con la potente Stormy High, scivola nella ballad dal sapore cosi’ southern Angels e sfocia in Tyrants
e le cose si fanno piu’ chiare, finalmente capisci che questo e’ il
futuro, il futuro visto da una persona che vive nel passato e che non
riesce a discernere il suo mondo dalla visione del futuro,
probabilmente sotto effetto di qualche allucinogeno.
Il disco e’ una fusione di influenze che possono spaziare tanto dai Black Sabbath, ai Pink Floyd per finire ai Led Zeppelin,
tra i tanti nomi che vi possono venire in mente dei grandi del passato,
se invece volessimo rimanere nel “futuro” immaginatevi le cavalcate
epiche e galvanizzanti dei The Sword, il prog rock dal retrogusto folk di Witchcraft e Burning Saviour
senza scordare di citare certi momenti lisergici e velatamente stoner
che potrebbero far balenare altre innumerevoli band nei vostri
pensieri… ecco potreste farvi cosi’ una piccola idea di come suona In The Future, un disco fin troppo vario che pero’ non spaventa al primo ascolto.
Il grande pregio di questo disco e’ quello di non annoiare mai,
nonostante una proposta musicale cosi’ articolata che sfocia in quella
che si erge ad emblema del disco, Bright Lights,
maestosa composizione di 16 minuti posta in chiusura del disco dove
troviamo di tutto, dall’ ossessivo duetto fra il mastermind Steve e l’
affascinante Amber (la cui voce e’ stata decisamente, e a ragione,
sfrutta di piu’ in questo disco) che fa da preambolo ad una cavalcata
metal che sfocia nelle inquietanti trame tessute dall’ organetto di
turno nelle quali timidamente riaffiorano batteria e chitarre
elettriche per la chiusura in crescendo del pezzo.

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